martedì 28 maggio 2013

DESCRIZIONI E IMMAGINI DI ESCURSIONI NELLE ALPI E APPENNINI



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ALPI COZIE,ALPI MARITTIME,ALPI LIGURI,APPENNINO,ALPI APUANE

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HOMOAPPENNINICUS

PRESENTAZIONE SEMISERIA


“Chi è l'homo appenninicus?

All'inizio, troviamo l'homo appenninicus a cimentarsi con escursioni che si sviluppano su terreno quasi completamente pianeggiante, o costeggiano o intersecano strade asfaltate o sterrate, talvolta puntando dirette ed oneste a trattorie e locande; ma presto gli si schiudono innanzi le infinite possibilità e ricchezze del mondo appenninico, ed eccolo anche per prati, boschi, pendii poco scoscesi, crinali.
Nato generalmente in pianura o in riva al mare, più raramente in collina, l'homo appenninicus non ha infatti naturale confidenza con l'ambiente montano, entrando in contatto con la montagna solo nel corso della sua esistenza adulta, e spesso per caso.
Scopre che gli è congegnale e vicina, per indole e spesso anche geograficamente, la montagna appenninica: erbosa, boscosa, arrotondata, che si raggiunge senza troppa fatica, senza mai vedere precipizi e con scarse possibilità di perdere la strada.
Anche se la sua è una forma di escursionismo ad uno stadio ancora embrionale, l'homo appenninicus comincia però ad assaporare quelle stesse gioie che sono alla base della passione del suo più illustre e temerario collega, l'alpinista.
Da un lato, la soddisfazione per la conquista di una vetta, seppur modesta; di un panettoncino arrotondato e completamente erboso, di una punta così poco marcata e significativa da non distinguersi facilmente dal resto del crinale; dall'altro la gioia di "elevarsi" e godere di una pur piccola vista, su spicchietti di pianura, una valletta, o su un laghetto altrimenti nascosto.

Suo malgrado, verso le Alpi!

Così passano le stagioni, finchè un bel momento, sospinto dalla calura estiva, e - perché no - anche da una moderata curiosità, l'homo appenninicus abbandona il suo habitat naturale per volgersi all'ambiente alpino.
Preferendo da sempre sterrati e comode mulattiere, sentieri in mezzo al bosco, moderati pendii erbosi, ed il colore verde di prati e alberi al marrone e grigio delle rocce e al bianco della neve (e del ghiaccio), il severo ambiente alpino coi suoi grandiosi scenari gli incute un giustificato e naturale timore.
Il suo problema principale diviene allora la scelta di escursioni adatte alla sua indole, più amante delle rotondità montuose e dei dolci declivi semi collinari, e viceversa aborrente gli aguzzi e precipitosi profili alpini.
Punti di riferimento obbligati per la scelta delle sue escursioni sono in primo luogo le cartine.
L'homo appenninicus evita accuratamente quegli itinerari e sentieri che le cartine convenzionalmente segnano:
1) con crocette rosse. Si tratta di ferrate, ovvero sentieri attrezzati con scalette in ferro e altre diavolerie, che implicano l'uso di attrezzature per l'assicurazione e autoassicurazione, quali imbraghi, moschettoni e caschetti.
2) con puntini rossi (vedi foto 2). Sono sentieri "in parte difficili", ma senza che sia dato sapere in anticipo precisamente perchè difficili: a volte presentano problemi di orientamento, svolgendosi su terreno infido e scosceso; generalmente itinerari segnalati, implicano però una capacità di muoversi agevolmente su terreni anche insidiosi, su pietraie, o nevaietti, o su pendii aperti e privi di punti di riferimento; a volte ci sono invece tratti rocciosi con lievi difficoltà tecniche; in altri casi è richiesto passo sicuro e assenza di vertigini. Oltre che, ma questo sempre, equipaggiamento, attrezzatura e preparazione fisica adeguata.
Se i sentieri "crocettati" e "puntinati" sono certamente da scartare, non è detto comunque che gli altri sentieri, quelli segnalati con una linea continua rossa o - più spesso - con linea tratteggiata rossa, siano di per sé adatti all'indole appenninica.
Le cartine da sole non sono quindi sufficienti, e l'homo appenninicus è costretto a ricorrere a libri e guide per trovare consiglio ed ispirazione per nuove avventure; talvolta anche l'esperienza diretta ed il racconto di altri escursionisti si rivelano preziosi.
Ma come essere certi che siano, queste fonti, veramente affidabili? Che vadano bene anche per l'homo appenninicus? Ecco una possibile risposta: imparare a leggere al di là delle parole..

Le subdole descrizioni degli itinerari non ingannano l'homo appenninicus….

Le escursioni descritte nei libri di montagna sono passate, per così dire, ai raggi X dall'homo appenninicus, che negli anni ha imparato a leggere tra le righe, e a compiere sottili analisi lessicali.
E' noto infatti come gli autori di libri e guide escursionistiche siano quasi sempre provetti alpinisti, a volte un po' troppo frettolosi nel minimizzare quelli che possono rivelarsi seri problemi per l'homo appenninicus.
Istintivmente l'homo appenninicus ha sviluppato un occhio particolare per certe espressioni che più o meno inconsciamente sfuggono dalla penna di questi autori-alpinisti, e ha imparato a fiutare la possibilità del pericolo dietro frasi apparentemente innocenti, quali "si risale per magri pascoli", "si guadagna la vetta per facili roccette", "si segue il filo di cresta" e simili.
Parecchi sono i vocaboli che suonano come campanelli di allarme per l'orecchio appenninico, o addirittura risultano banditi dal suo vocabolario. Ad es., tra i sostantivi, troviamo "cengia" (e specialmente il vezzeggiativo "cengetta"), "canale" (e derivati, con speciale attenzione al diminutivo, "canalino", più insidioso rispetto a "canalone"), "cornice", "paretina", "placca", "diedro", "salto" (e anche "saltino"), "terrazzo" (anche se erboso), "traverso" (ma non "traversata" e "attraversamento", vocaboli da valutare volta per volta). Tra gli aggettivi degni di menzione sono i diffusi "aereo" ed "esposto" (riferito a sentiero), oltre che "dirupato", "strapiombante" e "vertiginoso".
Sicuramente allarmante è infine l'uso, da parte dell'autore, di numeri ordinali (I, II, III, IV, etc).
Da valutare di caso in caso, invece, sono innanzi tutto quelle espressioni che esprimono valutazioni personali dell'autore. Alcuni esempi ricorrono assai spesso nei libri di montagna: "divertente arrampicata" (occorre domandarsi sempre: ma divertente per chi? L'autore - non dimentichiamolo, un alpinista - sta probabilmente pensando al suo divertimento), "non ci sono difficoltà oggettive" ("oggettive"? vedi sopra) e "elementare passaggio" (idem).
Altri vocaboli o frasi da considerare attentamente nel contesto più generale dell'escursione sono ad esempio: "sfasciumi" (vocabolo pur sempre migliore del più oscuro "detriti"), "gradoni erbosi", "ripida salita", "si risale per cresta", "franoso canalone", "sentiero panoramico" (verificando che l'autore non usi "panoramico" come sinonimo di "aereo" o "esposto"), e simili.
Una descrizione del tipo di roccia è sempre un segnale negativo per l'homo appenninicus, il quale è solitamente disinteressato alla friabilità o meno della roccia, alla presenza di appigli, o al suo colore (le rocce, per lui, fanno solo parte del panorama). Così la frase "rocce verdastre ben appigliate" suona come un invito all'homo appenninicus a cambiare destinazione. (Si noti inoltre il "verdastre": statisticamente qualcosa di "verdastro", "rossastro", o "nerastro" è più insidioso di qualcosa che è, più semplicemente, "verde", "rosso", o "nero").
Naturalmente è fondamentale la prova di consistenza: l'autore ha già usato altrove quella stessa espressione per descrivere un passaggio o una parte di gita che abbiamo già fatto? Si dimostra coerente nell'uso delle parole, specialmente degli aggettivi, e nella valutazione delle difficoltà?
Ma le cose, naturalmente, non sempre sono così difficili.
Ecco infatti, e per concludere, un esempio di itinerario che all'homo appenninicus non lascia dubbi sul da farsi:
"Dal punto più basso della placconata, poggiare a destra per saltini e cengette e guadagnare la base del diedro. Salire i primi metri sul fondo, superare lo strapiombo che lo chiude a sinistra (V) e con elegante arrampicata, superata una corta fessura, raggiungere un piccolo tetto nerastro, e quindi obliquando a destra su strapiombante cengetta (IV-) la terrazza."
(si noti che non si parla neppure della vetta, il tutto serve a raggiungere soltanto una terrazza).”


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