PREMIO
GAMBRINUS MAZZOTTI
Per la Letteratura di Montagna, alpinismo,esplorazione-viaggi,ecologia e
paesaggio,artigianato di tradizione,finestra sulle Venezie
PRESENTAZIONE:
“Come è nato il
Premio GAMBRINUS "GIUSEPPE MAZZOTTI"
Fuori dalla stanza operatoria appoggiati al muro, stretti
quasi abbracciati, Nerina, Anna, Franco ed io, aspettavamo trepidanti, nel
grande silenzio di un cupo corridoio, la fine di un intervento cui era stato sottoposto
Bepi. All'uscita del Primario, seguì la barella che lo portava in rianimazione
come ci disse il chirurgo. Fu un attimo di forte intensità e tensione. Nerina
disse che aveva gli occhi aperti e che forse aveva visto e guardato. Poco dopo
la fine!
Bepi era morto il 28 Marzo 1981. Era il 41° anniversario del
mio matrimonio che avevo festeggiato con mia moglie al Gambrinus.
L'amico Adriano Zanotto era a Parigi per una importante
partecipazione della gastronomia italiana. Lo avvisai del triste evento e al
suo rientro si fece subito vivo chiamandomi per comunicarmi che desiderava
ricordare Bepi con un Premio qualificato e duraturo.
Lo avvertii che Celeste ci aveva già preceduti con una
analoga iniziativa ma Adriano osservò che per un nome e una memoria come quella
di Bepi Mazzotti c'era posto per tanti premi.
Me ne occupai subito e presi contatti con alcuni amici.
Primo fra tutti Tino Ceriana, il caro, generoso e buon Tino scomparso poi
prematuramente. Tino avvicinò il nostro comune amico Giovanni Vicentini e,
sempre in sintonia con Adriano e con me, realizzò le prime iniziative.
Coinvolgemmo, dopo una serie di riunioni a casa mia, Anna e
Franco che furono entusiasti dell'idea del Premio. Si associarono con il solito
fattivo entusiasmo Cino Boccazzi, Sandro Meccoli e Toni Benetton.
Vi furono molte difficoltà nell'avvio dell'iniziativa finché
l'autorevole decisivo interessamento di Sandro Meccoli, subentrato a Bepi
Mazzotti nel Consiglio Direttivo del Touring Club Italiano, portò al diretto
coinvolgimento del prestigioso Sodalizio e poi alla nascita del Premio che
ottenne il pieno patrocinio e sostegno da parte del Comune di San Polo di
Piave.
Tenacemente e fortemente lo volle Adriano Zanotto che,
durante animate riunioni al Gambrinus o a casa mia, diede il via definitivo al
Premio, che intraprese così il suo viaggio autorevole attraverso i valori della
cultura con la "C' maiuscola.
Oggi alla sua quindicesima edizione, il Premio corre con un
successo di partecipazione ad alto e lusinghiero livello.
Ugo Fabris”
“Giuseppe Mazzotti: una vita
Giuseppe Mazzotti è stato certamente per vastità d'interessi
e capacità d'incidere sul corso degli eventi una delle personalità di maggior
spicco della cultura veneta contemporanea. Egli in anni difficili e con pochi
illuminati compagni di strada seppe precorrere alcune delle vie maestre, poi
battute da molti, sul fronte della sensibilizzazione e della salvaguardia delle
bellezze naturali e dei frutti della civiltà, con un occhio di riguardo per la
sua "Marca Gioiosa", ma con la capacità di non perdere mai di vista
la vastità degli orizzonti della battaglia intrapresa. Affiancò a questo
impegno, che condusse per 37 anni dalla direzione dell'Ente Provinciale per il
Turismo, l'eguale travolgente passione per la montagna, per la cui salvaguardia
non lesinò mai impegno e amore e alla quale legò indelebilmente i suoi esordi e
alcuni dei suoi più alti risultati di prolifico, brillante scrittore e
saggista.
Nato a Treviso il 18 marzo 1907 da padre romagnolo e madre
trevigiana, Mazzotti ha una formazione inquieta: frequenta a Treviso l'Istituto
tecnico-matematico Riccati per iscriversi successivamente alla Facoltà di
ingegneria dell'Università di Padova, dove tuttavia non porta a compimento gli
studi, che alterna viceversa ad una irregolare frequenza dei corsi della Scuola
libera del nudo all'Accademia di Belle Arti a Venezia, attraverso i quali, per
qualche anno, può dare libero sfogo alla propria creatività, iniziando una
carriera di pittore poi abortita, ma non priva di qualche interesse e che per
un certo tempo lo vede dividere lo studio in via Commenda, già di Luigi Serena,
con Gino Borsato.
È la passione per l'arte ad avvicinarlo in quegli anni ad
alcuni dei giovani protagonisti della vita culturale trevigiana, tra i quali Arturo
Martini, Gino Rossi, Toni Benetton, Juti Ravenna, Sante Cancian, Arturo
Malossi, e gli scrittori Giovanni Comisso e il bellunese Dino Buzzati, col
quale condivide l'identica e travolgente passione per le Dolomiti.
Dal 1927 fino al 1942 è il responsabile delle Mostre d'arte
trevigiana, per le quali passano tutti i maggiori protagonisti della Marca tra
le due guerre e molti dei giovani più promettenti. L'attività di editorialista,
iniziata timidamente nel 1926, negli anni che precedono l'uscita de La montagna
presa in giro, opera d'esordio del 1931, segnano già lo spettro essenziale
dell'impegno mazzottiano: si annotano infatti affianco a critiche e
presentazioni di mostre e artisti, tra i quali un precoce articolo su Arturo
Martini, una fitta schiera di contributi dedicati alle montagne a lui già care,
come Il Grappa, il Popera, le Dolomiti Ampezzane. È una recensione del 1928
alla Mostra veneta sull'artigianato il primo indizio di un ulteriore campo
d'interesse di Mazzotti, quello per le espressioni d'arte minore e per le
tradizioni popolari; un'attenzione che si concretizzerà dieci anni più tardi,
nella Mostra delle arti popolari della Marca Trevisana e, successivamente, in
una ricca produzione di articoli e saggi che in tempi non sospetti, lo porterà ad
anticipare molte delle odierne riflessioni sul musei etnografici.
Il 1932 è un anno importante nella biografia mazzottiana:
egli infatti, da un canto inizia la propria collaborazione con l'ufficio della
Camera di Commercio, che tre anni più tardi diventerà l'Ente Provinciale per il
Turismo - del quale diventerà un indimenticabile direttore - e dall'altro
compie la sua maggiore impresa alpinistica, scalando la parete est del Cervino:
un' impresa che gli ispirerà la sua seconda opera letteraria, Grandi imprese
sul Cervino, uscita due anni dopo.
Alla Valle d'Aosta - alla frequentazione della quale l'aveva
introdotto il cugino milanese - Enzo Benedetti - è da legare la conoscenza
della famiglia dell'alpinista Almicare Crétier - al quale dedicherà uno dei
suoi lavori migliori, Montagnes valdôtaines che nel 1952 gli valse il Premio
Saint Vincent - ma soprattutto della sorella Nerina, che nel 1937 divenne la
sua inseparabile compagna.
L'amicizia con Ciro Cristofoletti - curatore della pagina
veneta - porta Mazzotti, nel volgere di questi anni, a collaborare spesso col
quotidiano bolognese "Il Resto del Carlino" e per il quale nel 1934
partecipa nella veste di inviato ad una spedizione sulle Ande e sull'Aconcagua.
Nel 1938 e ancora nel 1946 torna alle sue montagne con due
libri molto apprezzati, La Grande parete e Introduzione alla montagna, che dopo
il successo de La montagna presa in giro, mettono in luce Mazzotti come uno dei
più apprezzati scrittori di montagna della nuova generazione.
A queste esperienze, egli alterna negli anni difficili della
guerra, le prime pubblicazioni a sfondo turistico-culturale, come Treviso,
Piave-Grappa-Montello del '38 di cui è autore e, da curatore, Treviso e la sua
provincia, edito nel '40 per la collana "Guide d'Italia". Gli anni della
guerra sono segnati anche da una grande attenzione per l'operato di due artisti
e amici, quali Arturo Martini e Sante Cancian. Nel 1947, all'indomani della
loro prematura scomparsa, Mazzotti sarà il primo a segnalare inequivocabilmente
il loro valore con una mostra postuma. Ma la guerra aveva segnato in modo
indelebile il volto di Treviso, e il bombardamento del 7 aprile 1944 aveva
lasciato una ferita impossibile da rimarginare.
Quei giorni angosciosi vedono pochi allucinati protagonisti,
su tutti il restauratore Mario Botter, il comissiano "folle di Dio",
ma anche il soprintendente Luigi Coletti e tra loro Giuseppe Mazzotti. Loro è
lo sforzo di salvare il salvabile, sua, nel 1952, sarà l'idea di ricordare quel
giorni luttuosi con una Mostra della ricostruzione, ideale omaggio agli
"eroi" di quelle giornate, che apre il capitolo fortunato delle
mostre fotografiche e documentarie, che un vertice assoluto troverà nelle
molteplici mostre sulle Ville Venete.
Il tema suggerisce subito una segnalazione doverosa, poiché
vi è un'altra attività di eccezionale importanza nella vita di Giuseppe
Mazzotti, che è quella di fotografo. Come dichiara nell'introduzione al volume
Immagini' della Marca Trevigiana, egli non si è mai considerato un artista né
un professionista dello scatto, limitandosi - afferma - ad utilizzare la
macchina fotografica come strumento di documentazione e denuncia. Noi tuttavia
siamo oggi in grado di affermare che da un canto egli comprese con grande
perspicacia lo straordinario potere comunicativo dell'immagine - cosa che ci
porta ad affermare anche che ben più di molte parole spese, la vera svolta
nella storia di degrado delle Ville Venete la si debba alle sue foto e
all'emozione che seppero suscitare in Italia e nel mondo - ; ma anche che, se Mazzotti
non fu un professionista, certo il suo occhio non fu mai banale nell'inquadrare
nel mirino l'immagine da consegnare ai posteri, "viziato" com'era
dalla consapevolezza; e testimonianza di ciò è riscontrabile oltre ogni
ragionevole dubbio nelle oltre 200.000 immagini della sua fototeca, oggi
debitamente conservate dalla Fondazione a lui dedicata.
Nel 1948 Mazzotti cura la realizzazione della Mostra
dell'ambiente e del paesaggio trevigiano, che già dal titolo evidenzia un
taglio insolito e originale della visione mazzottiana della conservazione che
tornerà come assunto di base del suo operato. Ci riferiamo alla singolare e
fortissima sottolineatura del "contesto", che è appunto l'ambiente e
il paesaggio, entro il quale egli cala ogni singola emergenza. Può apparire una
banalità, ma qualora si pensi alle difficoltà che ancor oggi incontra la
nozione di "paesaggio" come bene da tutelare, appare allora in tutta
evidenza la carica anticipatrice del suo operato.
Dal 1951 egli inizia la lunga e proficua collaborazione con
il Touring Club Italiano, che lo vedrà sovente protagonista nelle pagine del
bollettino nazionale, mentre è del '54 l'ingresso nel Rotary Club di Treviso,
del quale diverrà Presidente nel '73 e nel cui ambito - nel 1968 - terrà
un'appassionata presentazione del rapporto della Commissione Franceschini, non
a caso in difesa dei "paesaggio italiano".
È sempre in questi anni che Mazzotti sposa appieno la causa
delle Ville Venete, affiancando il proprio impegno a quello di alcuni amici
studiosi, come Michelangelo Muraro e Renato Cevese; un impegno che vede in
rapida successione alcuni eventi chiave dell'attività di Mazzotti, a cominciare
dalla mostra fotografica nel 1952, che esordisce a Palazzo dei Trecento per
prendere poi la via di molte capitali europee; con la pubblicazione, ampliata
l'anno successivo, del catalogo delle Ville Venete, primo reale inventario di
questo straordinario patrimonio diffuso regionale al quale farà seguito nel '57
il ponderoso e fortunato volume edito da Bestetti, vera pietra miliare della
sua bibliografia, che nell'uscire anticipa di pochi mesi l'approvazione della
Legge di tutela n. 243/1958, stesa in collaborazione con Silvio Negro, che
istituiva l'Ente per le Ville Venete.
Sono anni di intensissima attività, che tuttavia si snodano
con eccezionale fedeltà all'assunto di base del pensiero di Mazzotti, che vuole
i vertici della cultura sempre strettamente connessi all'animus di una terra e
alla sua cultura diffusa. Nasce così nel '57 il suo più bel volume fotografico,
il già citato Immagini della Marca Trevigiana, così come la Mostra sul
paesaggio asolano e sugli incisori veneti, e ancora nel '62 in collaborazione
con Luigi Menegazzi la bellissima monografica su Cima da Conegliano
"Interprete del paesaggio veneto", che inaugura la collaborazione con
Carlo Scarpa per gli allestimenti, collaborazione che culminerà nel '67 nella
grande retrospettiva su Arturo Martini a Santa Caterina.
Tutto si sposa in Mazzotti, senza cesure, legato da un
interesse inesauribile e quasi enciclopedico per ogni testimonianza del
passato: le stampe dei Remondini vanno così assieme al popolare El mondo
roverso, l'architettura delle ville venete e dei castelli alle case rustiche e
alle architetture spontanee, cui nel '70 dedica una mostra memorabile. E tutto
infine si unisce all'esaltazione dei sapori locali, dei vini rossi e bianchi
dei colli del Coneglianese, del radicchio di Treviso, in una difesa strenua, in
tempi di cucina internazionale, dei valori della cucina tradizionale, che lo
vedrà in ciò spesso affiancato a Maffioli sulle pagine dell'Annuario
dell'Accademia Italiana della Cucina.
Presidente della Sezione Trevigiana di Italia Nostra,
Ispettore onorario ai monumenti, gli ultimi anni di vita di Giuseppe Mazzotti
scorrono impegnati alacremente nelle consuete battaglie e attorno temi di una
vita: nel '73 dedica un bellissimo volume-guida a Feltre, nel '74 pubblica per
Canova i Colloqui con Gino Rossi e collabora con Menegazzi alla grande
monografica milanese sul pittore capesarino; a più riprese sofferma la propria
attenzione sul lavoro di Toni e Simon Benetton, su Barbisan e Carlo Conte e su
molti altri amici artisti, dei quali seppe essere, lungo tutta la propria
esistenza, appassionato corifeo.
Nel 1978 è la volta della mostra su Giorgione a Castelfranco
Venero, in occasione del quinto centenario della nascita e l'anno successivo di
quella su Tommaso da Modena a Treviso, segni di un impegno mai venuto meno e
che lo vede ancora nel 1980 relazionare con l'entusiasmo di sempre al
"Primo Corso di perfezionamento professionale per i giovani impiegati nel
rilevamento dei beni ambientali e culturali della Regione autonoma Friuli
Venezia Giulia", quasi in lui fosse chiara la volontà di lasciare una
traccia indelebile anche nelle nuove generazioni.
Il 28 marzo 1981 Giuseppe Mazzotti, all'età di 74 anni,
moriva, lasciando una scia di cordoglio e commozione nella sua Marca, nel
Veneto e tra le molte personalità in Italia e all'estero che ne avevano
conosciuto e spesso condiviso l'impegno per la difesa dei valori della civiltà
veneta o, se si vuole, della civiltà tout court.
L’affetto per l'uomo e lo studioso già all'indomani della
sua scomparsa portò ad un proliferare di iniziative e premi in suo nome; oggi,
a distanza di 29 anni da quel 28 marzo, la memoria di Giuseppe Mazzotti è viva
e perpetrata in fraterna collaborazione dalla Fondazione Giuseppe Mazzotti per
la Civiltà Veneta di Treviso e dall’Associazione Premio Letterario Giuseppe
Mazzotti, che ogni novembre raduna a San Polo di Piave vecchi e nuovi amici del
grande "Bepi".
Luca Baldin
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