mercoledì 16 aprile 2008

ALPINISMO









“Utilità dell’alpinismo tra passato e futuro”

Un bellissimo articolo del giornalista Luciano Santin apparso sul Messaggero veneto del 26 giugno 2007.



”Chiunque abbia pensato all’argomento, ha fatto la scelta giusta al momento giusto. Perché l’alpinismo,sospeso tra presente e futuro,sta attraversando un momento di crisi. E il Cai deve decidere se seguire l’andazzo,soggiacere cioè alle logiche e ai criteri dominanti la civiltà occidentale,da poco spettacolarmente trapiantati in Oriente, o rimanere “ben tetragono” ad affermare i principi che hanno portato alla sua costituzione. Il concetto di utile al centro del convegno del Cai (sperabilmente in modo provocatorio), e oggi sostanzialmente una filiazione dell’illuminismo protoindustriale inglese, imbastardito con il consumismo al servizio del liberismo più spinto. E l’unità di di misura che adotta è quella dimensionale :utile, in ogni campo, è cio fa crescere di più in volume , e più in fretta, producendo più soldi in prospettiva immediata, come se il processo potesse continuare all’infinito. Beninteso il Club non è dentro questa versione aberrante,anzi tendenzialmente all’opposto di essa. Si trova però costretto a fare i conti con questo maelstrom;deve valutare se il nuotare controcorrente non possa portare a esiti esiziali (anche causa la concorrenza di altri), e considerare a quali e quanti compromessi sia lecito ricorrere per sopravvivere senza dannarsi l’anima. C’è da considerare in primis il fatto che il Cai è sempre stato un gruppo d’elite(diciamo di nicchia per evitare l’accusa di spocchia):trecentomila soci sono tanti, ma non più dello 0,5% degli italiani. Dunque il timore di diventare più piccoli deev contare fino ad un certo punto,anzi ,decisamente poco. Non è il numero che conta, ma la tradizione ,il prestigio ,la capacità di essere lievito,la forza delle idee. E le idee non possono essere se non quelle di godere e tutelare la montagna ,rifiutando il primato (non la presenza)delle dinamiche competitive e del tornaconto. Quando nasce ,si dice,l’alpinismo ha componenti utilitaristiche:gli studi scientifici in quota ,la ricerca dei cristalli. Bene, quello non era alpinismo:è un andare in montagna grazie al quale molti attribuiranno all’attività un valore etico-estetico intrinseco,senza subordinazioni o ricadute materiali. L’alpinismo vero è quello di Mallory e Terray, il monte scalato “perché esiste”, la “conquista dell’inutile”. La salita fatta per il piacere di farla. L’arte e lo sport, elementi dei quali nell’alpinismo sono presenti all’origine risultano felicemente gratuiti. Anche quando ci sono investimenti, questi non devono garantire tornaconti economici. Dunque i mecenati hanno finanziato pittori,letterati,musicisti,ma lasciandoli sostanzialmente liberi, e accontentandosi di vedere estrinsecato il loro talento. E si è corso,lottato,calciato, per il gusto dell’attività,talvolta con un rimborso spese, talvolta no. Poi sono arrivati i mercanti d’arte,il professionismo con contratti da milioni di euro, e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Anche l’amore,quando è tale,salta a piè pari le categorie del razionale e dell’utile(e pure amore l’alpinismo condivide qualche non secondario aspetto). Per chi le ha provate,si tratta di cose,tutte di grande soddisfazione emotiva,proprio perché anomiche,slegate dalle leggi di un mercato bulimico e autoreferenziale . Ricordandoci però di definizioni dell’utile più antiche, che prescindono dal dio quattrino e parlano di realizzazione umana, come la stessa Dichiarazione d’indipendenza americana,con il suo diritto alla “ricerca della felicità”-(forse il concetto più rinnegato nei fatti),potremmo dire che l’alpinismo è,si sommamente utile. Utile proprio nel suo affrancarsi dai doveri di una economia  che nulla hanno più a che vedere con l’etimo, ovvero l’oikos umana, il modo di abitare il mondo;per dirla in maniera più piana,utile nel rendere contenti,laddove le usanze e i ritmi della dimensione urbana e lavorativa generano molta più scontentezza che gioia. La religione del denaro si è impadronita di vaste porzioni dell’andare per monti, come insegnano la filosofia del no limits per tutti la superstrada per la valle dell’Everest,la superfetazione del Piccolo Cervino. Delle Cattedrali della Terra celebrate da John Ruskin si sono fatte spelonche di ladri  (per ricorrere ad un’altra analogia con la religione,anch’essa non priva di punti di contatto con l’alpinismo), e la sola speranza , in fondo non tanto debole sta nell’affidarsi a quelli che salgono le cime con il cuore gonfio di commozione come Valentin Stanic,con umile ed esatica gratitudine come Luc Meynet,con baldanza e soddisfazione,ma sapendo ascoltare gli angeli che cantano, come Julius Kugy (personaggi altrimenti ben diversi tra loro). Ce n’è ancora abbastanza in giro,per fortuna, di gente che scala o va per normali,godendo del plajground senza porsi il problema del grado o del “come si deve fare” (il gioco che gioca da solo,e quindi nega se stesso);gente che spesso materia di sé il volontariato sociale (e anche qui ci sono connessioni forti ed evidenti).A questi il Cai deve guardare. Se, viceversa, preferirà tradirli unendosi in qualche modo a ciò che teme di non poter sconfiggere ,cercando di allargare la propria base a qualsiasi costo,facendosi portatore di interessi altri e correnti,forse si ritroverà con qualche tesserato e qualche euro in più. Ma sarà un’organizzazione operante solo per rimanere in vita e acquisire maggior forza ,un’altra, delle tante ,che ha usato il primum vivere,deinde philosophart come alibi per sostituire ideali e valori con l’opportunismo del potere. "



www.escursionando.net

1 commento:

  1. Sono pienamente d'accordo... grazie per questi spunti di riflessione, ed a presto sul web.

    Gp

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