martedì 17 giugno 2008

IGNAZIO PIUSSI





PIUSSI, UN VERO GRANDE.

Un articolo di Luciano Santin apparso sul Messaggero Veneto del 17 giugno 2008.



"Il primo ricordo,è di qualche tempo fa, a Cragnedul:un omone ruspido, che spillava la birra e ammanniva polenta e frico. Un omone che non poteva essere lui, perché le icone non scendono dagli altari della memoria privata (tanto più alti di quelli della popolarità mediatica), e se lo fanno deve essere per ostentare la propria gloria, non per servire ai tavoli. E invece era proprio lui. Ignazio Pissi.


Il secon do e ultimo ricordo non è personale , ma una testimonianza di Roberto Sorgato , compagno di cordata e sodale di una vita. Il settantatreenne Ignazio, asciugato dal male , ma ancora ferocemente diritto nella sedia a rotelle sui tornanti della strada di Nevea , a sorvegliare i lavori di miglioria alla malga e a far progetti . A inizo giugno, poco prima del ricovero in ospedale e della scomparsa, nello stesso giorno dell’anno in cui è morto Ernesto Lomasti, STELUTIS gliela canteranno a tutti e due,ora al vecchio e al ragazzo.


Mandi,Ignazio. Come dice Roberto Mazzilis,con te se ne va qualche cosa di grande e di nobile. Grazie per la storia, che hai saputo raccontare così bene-nel senso della sincerità e della chiarezza-e che così bene Nereo Zeper ha saputo restituire in LADRO DI MONTAGNE. La storia di un alpinista che negli anni d’oro è stato il più forte in Italia (sono giudizi di Cassarà e Messner),ma anche di un uomo profondamente radicato nella sua terra attraverso il lavoro in bosco e in miniera,nel bracconaggio e nel lavoro con il soccorso alpino nella Geenna del Vajont.


Nel 1935 Raccolana è la “Valle dei maagri”,dove il sole marca visita da novembre a febbraio, e dove tre stretti pastini strappati al monte bastano a creare il toponimo “Piani”. Il 22 aprile ,a Pezzeit, alla prole di Giuseppe e Verginia Pissi(sei ,più due morti bambini), si aggiungono Ignazio e Libera.La nascita è salutata con una battuta realistica più che cinica:”mi è muarte la cjare,mi è crepat il purcel,e cumò mi nassin doi gimui”.Ignazio conosce subito il destino dei ragazzi del posto:a lavorare prima dietro le pecore,poi,più grande, nei boschi. Però guarda alle cime. Lo chiamano in alto l’innnata vocazione per la caccia, e anche il dna del bisnonno, il vecchio Pucich, tra le prime guide del posto ee del prozio Osvaldo Pesamosca,uno dei fedelissimi di Kugy. In piena guerra la famiglia si trasferisce a Tarvisio,.in una fattoria liberata dalle “opzioni” di Mussolini e Hitler. E’ un miglioramento economico ,ma appena può il piccolo Ignazio torna in Raccolana, perché gli mancano i monti.


Quando è grande comincia  a fare sul serio. A diciannove anni, sulla parete nord el Piccolo Mangart di Coritenza, una scarica di pietre si porta via viveri,maglioni,sacchi a pelo e gli frattura un dito. Lui continua a salire ,da primo, ed esce in vetta dopo un gelido bivacco in staffa. Poco tempo dopo  cade planando dal trampolino da sci, e finisce in coma. La spalla sinistra, gravemente lussata, non andrà più a posto, ma i problemi all’articolazione(che alle volte uscirà da sola), non saaranno un limite per Ignazio,capace di aprire nuove vie con il quadricipite di una gamba intaccato da una scheggia , o con una mano maciullata . Il Mangart, i Pilastri orientale e occidentale della veunza nord , lo spigolo Deye in solitaria, non hanno l’eco che meritano. Eppure Piussi è già oltre il 6°, e se ne accorge quando ripete per primo e facilmente , la Lacedelli alla Scotoni,la via più ardua delle Alpi. Gli scoiattoli (questo lo assicurano i francesi) avevano scalpellato via qualche appiglio chiave, nell’attesa di un Bonatti o un Maestri  che provassero la ripetizione, e magari ci si scornassero. Invece arriva lo sconosciuto furlan ,che passa senza neanche la piramide umana prescritta, e dice che il Mangart è più duro. Così al cronista del giornale veneto non resta che rimmettersi in tasca il taccuino : è il 55,l’anno prima Lacedelli ha glorificato la Patria sul K2, e come s fa ad avallare una DIMINUITIO del genere?


Al fine anni 50 Ignazio viene ingaggiato per Don Libero Pelaschiar, prete e scalatore triestino, per fare qualche salita in Lavaredo  ai suoi ragazzi del campeggio di Federavecchia. E lui non si limita alle “NORMALI”: Spigolo Giallo, Preuss e Cassin alla Piccolissima (“non era male perché Don Libero mi pagava cinquemila lire al giorno più il mangiare, comunque tutto durava ventio giorni e poi bisognava andare in bosco”). Per mangiare, oltre che il boscaiolo  Piussi fa il muratore. Intanto apre con Redaelli la superdirettissima alla Sud della Torre Trieste, e i chiodi a pressione provocano qualche polemica. Altre polemiche seguono la salita al tragico pilone del Freney, con Desmaison e Julien (con il taxi dalla Valcanale a Cormayeur pagato dal Tarvisiano, con una colletta,fatto unico nella storia dell’alpinismo). Su un terrazzino i tre si incontrano con Whillans, anche lui impegnato sul tratto finale della via, e rimasto senza materiale . Il britannico assicura di voler faare cordata unica , così gli danno un po’ di chiodi, per vedersi anticipati di brutto. Ma tutti riconoscono  anche a Piussi  la “prima”. Nell’occasione Julien scrisse così di lui: “L’uomo e l’alpinista più impressionante che abbia visto nella mia carriera . Personalmente lo giudico il più grande del mondo”.

Nel 1962 Ignazio vince il Pilastro Nord del Piccolo Mangart di Coritenza. L’anno dopo,assieme a Radaelli e Hiebeler, compie da capocordata la prima ripetizione invernale della Solleder-Lettenbauer,con sette bivacchi. Segue il periodo del Eiger. Il maltempo respinge Piussi 17 volte sulla Nord. Nessuno ce l’’ha faatta a salvare la pelle tante volte. Nessuno è ritornato da così in alto: quattro tentativi arrivati oltre il primo ghiacciaio ,due oltre il secondo.

Nel 65,con Sorgato e Mazeaud, atacca la Punta Tissi: una scarica di sassi sfonda il casco del francese e fracassa la mano ad Ignazio. Tecnicamente la via è incompleta , perché la cordata deve obliquare a sinistra verso la Punta Civetta. Ma al momento dell’incidente le difficoltà più grosse erano già state superate. Due anni dopo,l’ultima impresa Dolomitica: lo Spigolo NO della Cima SU Alto,800 metri in parte artificiali.


Seguono le spedizioni extraeuropee: due volte in Himalaya,a Churen Himal, e al Lhotse(mancati, benché per la seconda cima si fosse mobilitato il fior fiore dell’alpinismo italiano, da Gogna a Messner),altre due in Antartide con un raid di tre settimane assieme a Marcello Manzoni,costellato da salite in solitaria . Se le difficoltà alpinistiche non sono rilevanti,le condizioni ambientali rendono l’impresa la più difficile in assoluto compiuta dallo scalatore friulano.


L’ultima impresa è del dicembre del 1975, l’invernale della Cengia degli Dei, che fallisce (ci riusciranno Meroi,Benet e Vuerich), poi Piussi si dedica, con esito non felice, ad attività imprenditoriali che lo staccano definitivamente dall’attività in Montagna. Alla fine, il ritorno a Piani, e al posto di ristoro di Cregnedul, dove è rimasto sino all’ultimo."



www.escursionando.net

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